O si è volontari o si è lavoratori: mai le qualifiche possono convivere sulla stessa persona e per lo stesso ente. A precisarlo è il ministero del lavoro nella nota prot. n. 34/4011 del 10 marzo, spiegando che il regime d'incompatibilità tra volontario e rapporto di lavoro, previsto dall'art. 17, comma 5, del dlgs n. 117/2017 (c.d. «codice del terzo settore», Cts), ha una portata ampia e generalizzata e, quindi, non ammette deroghe.

Un quesito. Il chiarimento arriva a risposta di un quesito al quale, spiega il ministero, non è stato possibile rispondere con la procedura d'interpello. In particolare, è stato chiesto di sapere se il rapporto di lavoro intercorrente tra un determinato soggetto e un comitato regionale sia compatibile o meno con l'attività che lo stesso soggetto svolga in qualità di volontario presso un ente di base o un comitato regionale di diversa regione appartenente alla stessa rete nazionale, tenendo in considerazione la distinzione esistente tra il datore di lavoro e l'ente presso cui il volontario opera, nonché la reciproca autonomia.

L'incompatibilità. L'art. 17, comma 5, del Cts sancisce il principio d'incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l'ente di cui il volontario sia socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. È prevista una sola deroga: quella per la legislazione delle province autonome di Trento e Bolzano. La previsione, quindi, spiega il ministero, ha portata ampia e generalizzata, facendo riferimento a «qualsiasi rapporto di lavoro» e, così, ricomprendendo anche le entità tramite le quali il socio o associato svolge la propria attività di volontario.

Il volontario. Questo regime d'incompatibilità, spiega il ministero, è rapportato al più ampio inquadramento della figura di «volontario», fornito dai commi 2 e 3 dello stesso art. 17 del Cts. In primo luogo, infatti, nel definire il volontario il Cts individua quale requisito caratterizzante quello della libera scelta, della personalità, spontaneità, gratuità e dell'assenza di finalità di lucro, neanche indirette. In secondo luogo, prescrive che l'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo, vietando altresì rimborsi spese di tipo forfetario. Si tratta di vincoli e prescrizioni, aggiunge il ministero, che rispondono alla finalità di valorizzare la “libera scelta” della persona come consapevole, informata e non condizionata da uno stato di bisogno, al fine di preservare la genuinità dell'attività tipica di volontariato, finalizzata a soddisfare bisogni altrui che vanno a beneficio della comunità e del bene comune e non di interessi specifici oppure di parte. È per questo, cioè, che l'attività di volontariato esula da qualunque vincolo di natura obbligatoria: il volontario (come evidenziato dalla corte dei conti con deliberazione n. 26/2017) deve potersi sentire sempre libero di recedere dalla propria scelta, revocando in qualsiasi momento la disponibilità dimostrata, senza condizioni o penali, poiché l'attività risponde esclusivamente a un vincolo morale. Rispondendo nello specifico caso del quesito, infine, il ministero spiega che, sotto il profilo formale, non c'è una situazione di contrarietà al principio, considerato che l'ente datore di lavoro e l'ente che si avvale dell'opera di volontariato, in riferimento alla stessa persona, risultano a tutti gli effetti soggetti distinti e separati.

Daniele Cirioli - 12 marzo 2022 – tratto da Italia Oggi

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