A scuola senza libri di testo, lezioni improvvisate, voti messi a caso, continuo uso del cellulare per mandare messaggini. Potrebbe sembrare l’identikit dello studente candidato alla bocciatura o, in altri tempi, a finire dietro la lavagna, invece è il ritratto di un’insegnante, di storia e filosofia, esonerata dalla docenza, perché considerata inetta in modo assoluto e permanente. Un giudizio severissimo, che la Cassazione condivide. Nel “curriculum” della prof anche le assenze dal servizio per 20 anni su un totale di 24 di insegnamento, anche se i giudici precisano che la ragione dell’esonero era la totale incapacità di esercitare il suo ruolo. Per la professoressa è inutile appellarsi al diritto alla insindacabile libertà di insegnamento e dunque alla possibilità di scegliere lei il sistema. Per i giudici, infatti, il sistema, infatti, era l’improvvisazione, unita all’umore del momento in base al quale metteva i voti. In ogni caso, la Suprema corte ricorda che la libertà di “insegnamento”, trova un limite nel diritto allo studio dei ragazzi che a scuola devono anche formare la loro personalità.

Il diritto allo studio e la libertà di insegnamento

La professoressa della scuola secondaria è dunque fuori dall’insegnamento, come aveva già deciso la Corte d’Appello. Solo il Tribunale aveva accolto il ricorso contro l’esonero non considerando provata, almeno in modo “irrimediabile” la sua inettitudine. Ad avviso della Cassazione invece le prove c’erano numerose e concordanti. A fornirle non solo tutti gli studenti, che potevano anche avere un “conflitto” di interessi, ma anche i suoi colleghi e gli ispettori scolastici. Certamente la didattica della prof era piuttosto “originale”, chiamava per l’interrogazione uno studente e parlava con un altro, mentre lei giocava con il cellulare. Quanto ai libri di testo li prendeva in prestito dai ragazzi. Fantasiosa anche la redazione dei programmi finali, nei quali era indicato un programma diverso da quello svolto dal numero di ore agli argomenti trattati «ad esempio Hegel in realtà mai trattato in classe». Il giudizio concorde, parlava di voti messi in «modo estemporaneo e umorale», organizzazione “pessima” delle verifiche, spiegazioni non chiare e confuse, disinteresse totale per gli strumenti didattici: dalle fotocopie ai libri di testo. Per finire nessun contatto con la supplente per il passaggio di consegne.

La formazione della personalità degli allievi

I giudici chiariscono che l’esonero è meritato ed in linea con la Costituzione e con il testo unico sull’istruzione. Non c’è, infatti, stata lesione della libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. Diritti e caratteristiche che sono tesi a promuovere, attraverso un aperto confronto, la piena formazione della personalità degli alunni, titolari di un vero e proprio diritto allo studio. Ma la libertà didattica non può coincidere con la libertà di non insegnare. Alla docente mancavano tutte le caratteristiche sulle quali gli studenti confidano: capacità, coordinazione, chiarezza, trasparenza, progettualità e non solo. Tutto ciò che un docente deve avere per essere una guida.

Patrizia Maciocchi - 22 giugno 2023 – tratto da sole24ore.com

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